L’incubo delle riaperture: effetto limbo
Ti svegli, colazione, faccende di casa, mangi, riposino, tv, cena, dormi.
Ad un certo punto…la speranza delle riaperture.
Quella che sembrava la quotidianità è diventata una brutta canzone con un ritornello da ripetere in loop.
Non avere la possibilità oppure l’impotenza di cambiare le cose ha reso tutto più difficile, direi proprio un incubo.
Nel momento delle riaperture, invece, la mancanza di momenti abituali si è trasformata in preoccupazione vera e propria.
Le restrizioni, senza un viaggio, né un party o una chiacchierata con gli amici, hanno reso la vita ancora più metodica di prima.
Oh, perlomeno credevamo che fosse così.
Si è persa la speranza di desiderare qualcos’altro, perché in realtà i lunghi tempi di attesa e i ripetuti rinvii alle riaperture, hanno spento l’attivismo.
Non c’era il pensiero felice di una cena con i colleghi di lavoro a riempirti il cuore o il confronto con un amico a farti superare qualche controversia d’ufficio.
Nel baratro ci siamo caduti tutti, chi più e chi meno, eppure avere una sorte comune non è bastato a consolarci.
A colpi di spallucce e consensi con la testa, abbiamo ripetuto mille volte “andrà tutto bene”.
Nonostante tutto pur uscendo dalla consuetudine, con le riaperture, siamo approdati sulla zattera delle incertezze.
Quelle false certezze si sono trasformate in nuove paure, perché non c’è più niente da attendere, piuttosto tutto da riorganizzare.
Lascia che ti dica una cosa…abbiamo provato le stesse emozioni e so come ti senti.
La dott.ssa Maura Manca, psicoterapeuta dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, sostiene che la speranza ci porta ad agire e ci permette di affrontare qualsiasi situazione pur di ottenere quello che vogliamo.
Non ho superato l’esame di Matematica… delusione, tristezza e sfiducia, ma poi anche ambizione di poterlo rifare, perché il mio unico e ultimo obiettivo è laurearmi e trovare un lavoro.
Le riaperture riaccendono l’attivismo
A causa delle continue riaperture e chiusure, zone arcobaleno e falsi colori regionali, ci siamo tutti sentiti travolti da un effetto limbo.
L’incertezza blocca la progettualità, perché in fase di realizzazione le fondamenta devono essere salde.
Disillusi dopo aver avuto l’impressione che tutto fosse finito, ci siamo ritrovati a non credere che fosse ora di ricominciare a camminare con le nostre gambe.
So come ti senti e cosa stai provando!
Eppure basterebbe spolverare quella stessa trepidazione positiva che ci ha spinti a viaggiare, a incontrare nuova gente o a lavorare senza sosta, per ritrovare la giusta spinta.
In realtà a mancare non è un abbraccio, ma il senso di quel gesto.
Un momento di condivisione con un’altra persona permette all’organismo di rilasciare una serie di sostanze che vanno a riattivare delle aree cerebrali che generano benessere.
La paura del domani non può trasformarsi in arresto da ogni esperienza o da qualsiasi momento di vita.
A questo punto dovremmo accettare la sfida che la nuova realtà delle riaperture ci pone davanti.
Rinforzare situazioni positive che ci attivino a livello encefalico.
Continuare a negare i contatti ci proteggerebbe dal virus, ma non dall’instabilità.
E’ necessario attivarsi, riprendere le vecchie abitudini.
Fare in modo che il comportamento stesso diventi rinforzo per tanti altri.
All’aria aperta posso incontrare un amico e magari fare una corsetta.
C’è molto di più dietro un incontro, la spinta emotiva a livello cerebrale per cercare altro e andare oltre.
Modificando le nostre abitudini potremmo continuare ad andare a cena fuori o a passeggiare spensierati.
Ma non è tutto!
Bisogna smettere di attendere che le cose tornino come prima, perché non sarà così.
Occorre fare qualcosa.
A lungo andare tutto il percorso si riattiverà da solo.
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